Articoli
Giulia Lombardi. Né i fucili, né i roghi basteranno, 27 aprile 2019
Giulia Lombardi. Né fucili, né roghi basteranno
27 aprile 2019 Giuliana Nuvoli Numero 7, Politica e Cronaca, Società Lascia un commento
Era una limpida giornata di maggio, quel venerdì 26. Giulia pedalava da Vighignolo a Cornaredo con due compagne di filanda: il tragitto era breve e i pericoli non parevano imminenti.
Gli ultimi mesi erano stati duri: il 13 settembre del 1943 la Sicherheitspolizei – da cui dipendeva la Gestapo – aveva iniziato la caccia a ebrei e antifascisti già schedati; in quegli stessi giorni Aldo Resega (poi ucciso il 18 dicembre) aveva ricostituito il partito fascista; Franco Colombo, un ex sergente della Milizia, aveva dato vita alla squadra d’azione Ettore Muti, diventata il 16 marzo 1944 legione autonoma mobile, con migliaia di unità impiegate in una feroce repressione antipartigiana nel Milanese e in Piemonte. E solo il giorno prima, il 25 maggio, era scaduto l’ultimatum di chiamata alle armi nell’esercito fascista della RSI per i giovani delle classi 1922, 1923 e 1924. La tensione nelle fabbriche era alta: nel mese di marzo c’era stato uno sciopero generale che aveva avuto come unico risultato deportazioni selettive messe in atto dai nazisti. L’aria era pesante, ma non v’era rassegnazione.
Giulia pedalava come ogni mattina, quando la raggiunsero i colpi di fucile in un agguato fascista. Di lei abbiamo una foto sgranata: il volto pieno, i capelli appena mossi sulle spalle, la piega un po’ amara delle labbra e uno sguardo triste fisso in un punto lontano. Un bel volto, con le sopracciglia folte da Lucia Mondella, e un’espressione dolente, infantile e adulta a un tempo. Si cresce presto in guerra. E si fanno scelte che possono costare la vita: ma non si lotta solo per noi stessi. Giulia era divenuta staffetta partigiana – come molte sue compagne – perché così era giusto: a vent’anni si deve sognare un mondo senza soprusi e violenze. Per tutti e tutte.
Settantacinque anni dopo, a Vighignolo, il 14 aprile (una domenica dal cielo appena velato), viene scoperta la statua lignea di Matteo Viola, dedicata a Giulia. Nella notte fra domenica 21 e lunedì 22 le viene dato fuoco.
Di roghi è piena la storia: si bruciano i libri e le immagini; si bruciano gli emblemi e le persone. Nel marzo 1277, a Parigi, si bruciano le traduzioni e i commenti di Avicenna e Averroè; il 19 aprile 2019, in Bangladesh, Nusrat Jahan Rafi, 19 anni, è bruciata viva per aver denunciato le molestie del preside della sua scuola.
Pochi giorni prima, a Vighignolo, un altro rogo: quello (imperfetto) della statua di Giulia. La natura del gesto è la stessa: cancellare chi turba la propria visione del mondo. Proprio CANCELLARE: ridurre in cenere, e spargere le ceneri al vento perché non ne resti traccia. Si dà fuoco perché non si è capaci di sostenere il confronto; di ascoltare e, spesso, di capire. Si dà fuoco perché l’ignoranza e l’ottusità nutrono le scelte e le azioni, forti di un consenso, figlio anch’esso dell’ignoranza e della paura.
Antonio Gramsci, nel discorso che pronunciò alla Camera il 16 Maggio 1925, sul disegno di legge Mussolini-Rocco contro la massoneria, che nella realtà bandiva ogni forma di partito e associazione antifascista, ricordava:
Noi siamo tra i pochi che abbiano preso sul serio il fascismo, anche quando il fascismo sembrava fosse solamente una farsa sanguinosa, quando intorno al fascismo si ripetevano solo i luoghi comuni sulla “psicosi di guerra”, quando tutti i partiti cercavano di addormentare la popolazione lavoratrice presentando il fascismo come un fenomeno superficiale, di brevissima durata.
Non è stato un gesto isolato, a Vighignolo. È stato un segnale, fra i tanti che da mesi segnano la storia del nostro Paese: vengono sdoganati la violenza, il sopruso, l’integralismo, le indebite ingerenze, l’intolleranza. Noi siamo un popolo che ha civiltà millenarie alle spalle, che sa bene come il viver civile non sia niente di tutto questo. Non scrolliamo le spalle, dicendo “tanto passa”… Stiamo all’erta; impariamo a decifrare quello che accade e poi mettiamo insieme i frammenti del puzzle. Se saremo in grado di interpretare la figura che ne risulta, sapremo anche difenderci. Con le nostre armi.
Una bicicletta, un messaggio, un sorriso. E saremo noi a vincere.
Il Congresso delle famiglie a Verona, le donne, gli oppressi, 2 aprile 2019
In “Politica femminile”, 2 aprile 2019
https://politicafemminile-italia.blogspot.com/2019/04/il-cosiddetto-congresso-delle-famiglie.html?fbclid=IwAR07stTIkQ_kdWGUhh3l2i3Ps08bMQRWcn6V3cGWex8wv8TCRPaO0kUQzQU
Tutti hanno il diritto di fare le loro scelte: e rispetto quelle dei partecipanti al Congresso. Ma è dovere morale di tutti permettere che esista appieno il “libero arbitrio”.
Per questo non lasceremo che prenda vita alcuna legge che ci vieti una nostra libera scelta. E non è un problema di donne: piuttosto di rispetto di tutti coloro che – in uno spazio e in un tempo determinati – non hanno le chiavi del potere.
Il Congresso delle Famiglie a Verona, le donne, gli oppressi
di Giuliana Nuvoli
Il Palazzo dei Congressi, a Verona, ha chiuso i battenti; le camionette della polizia e dei carabinieri si sono allontanate; i turisti sono tornati i signori di piazza dell’Arena. La tre giorni del Congresso delle famiglie ha lasciato strascichi fastidiosi e un profondo senso di disagio. Per molti motivi: una informazione superficiale; una moltitudine di racconti viziati; concetti arbitrariamente deformati; linguaggi impropri, offensivi e inopportuni.
In primo luogo è falso che vi siano state due diverse visioni del mondo e della famiglia a confronto: una delle due parti condannava l’altra, senza alcuna forma di comprensione o di rispetto. Se non sei come me andrai all’Inferno: la diversità non era contemplata. E la zona laica, dove ogni credenza è accettata e dove tutti sono dialoganti alla pari; quella zona laica, che dovrebbe coprire l’intero globo terracqueo, semplicemente non esisteva.
L’ ”Avvenire” ha pubblicato queste parole: “Se la questione famiglia è diventata divisiva […] è evidente che qualcuno ha sbagliato a dosare toni e parole, non ha avuto cura di costruire alleanze di pace ma solo piani di battaglia […] privilegiando scelte oltranziste ed estremiste”. Le scelte oltranziste ed estremiste di cui parla non appartengono solo a questo Congresso: sono un’ombra nera che sta prendendo corpo in modo consistente nei cinque continenti, e con modalità disparate. Due macro-sistemi sono entrati in crisi: il potere patriarcale e il capitalismo. E stanno arrivando i colpi di coda del dragone che muore: velenosi, violenti, disperati. E la disperazione è, non di rado, letale.
A Verona la vera novità è stata la forza del “trans-femminismo”, che ha visto la presenza di attiviste dalla Croazia, dalla Polonia, dall’Argentina, e da altri paesi ancora, che hanno sfilato sabato con almeno 100.000 persone, e che si sono riunite in assemblea domenica, per tirare le somme di tre giorni di dibattiti, in cui ricercatrici da Berlino, Belgrado, Varsavia e Parigi, hanno tenuto panel di discussioni non solo di stampo femminista.
La liberazione del genere femminile (ancora lontana!) è la liberazione di tutti gli oppressi. E saranno le donne a compiere questa trasformazione necessaria per la sopravvivenza del genere umano: e lo dico con serena certezza e senza retorica, ormai da decenni.
I penosi tentativi di chi ha cercato di bollare la manifestazione di sabato come “presenza di femministe pagate” e “turismo organizzato” (parlo del ministro Salvini) non possono intaccare in alcun modo la bellezza e l’intensità di quella festa. C’era un sole caldo e una Verona festante. Dal giorno precedente polizia e carabinieri presidiavano il Palazzo dei Congressi; alle 14 la piazza era stata chiusa per l’arrivo di esponenti di governo e di leader politici. Poco importava: il corteo avrebbe percorso un’altra strada, partendo dalla stazione di Porta Nuova. Eravamo una marea, che si muoveva fra gli applausi e i sorrisi della gente sui marciapiedi; chi era alle finestre cantava e ballava; e bambini, disabili in carrozzina, coppie anziane, studenti dei due sessi, signore composte dal passo deciso seguivano le ragazze (venti? trenta?) variamente dipinte che, danzando, aprivano il corteo.
E il corteo era composto da decine di migliaia di persone che erano società civile, lì, sotto il sole, a difendere i diritti di tutti. Di ogni singolo individuo perché potesse essere ciò che desiderava, nelle modalità che gli erano necessarie e nel territorio di sua appartenenza.
Nel pomeriggio di domenica c’è stato il corteo dei sostenitori del Congresso: molto meno numeroso e certo non altrettanto ben accolto dai cittadini.
E’ questo che conforta: dietro le finestre abbiamo visto una città che pareva svegliarsi dal torpore di provincia benestante, per aprirsi su un mondo dove tutti abbiano spazio e accoglienza.
“Non una di meno. Insieme siam venute, insieme torneremo”. Le donne sapranno cambiare il mondo. Tutte, insieme. Perché tutti possano avere una vita vera, insieme.
Ma Gesù ha parlato anche a Salvini, Bussetti e Fontana?, 18 marzo 2019
29 marzo 2019: XIII Congresso delle Famiglie a Verona.
E’ molto più di un Congresso: è un vento freddo che raggela e spaventa. Contro lo Stato laico e contro la Chiesa di Bergoglio.
Dal 29 al 31 marzo si terrà a Verona, il XIII Congresso Internazionale delle Famiglie, promosso dal Word Congress of Families (Wfc), una lobby nata negli Stati Uniti nel 1997, fautrice di campagne contro l’aborto, la pornografia e le unioni tra persone dello stesso sesso, sostenendo la cosiddetta «famiglia naturale».
Già qui non ci siamo: il termine naturale rimanderebbe alla loro visione dei rapporti interpersonali, figlia di divieti, chiusure, recinzioni, fobìe. Hanno scambiato per natura venti secoli di esercizio di potere, che si è tradotto in norme, leggi, consuetudini innaturali… e ce lo rivendono come “figlio di Gaia”.
Vediamo chi ci sarà, a Verona. Andranno, come relatori, il vicepremier e ministro dell’interno Salvini, il ministro del MIUR Bussetti, il ministro della famiglia Lorenzo Fontana, fino a giugno 2018 vicesindaco di Verona, Comune che, nel 40esimo anniversario della legge 194 del 1978, si è autoproclamato «città a favore della vita». Ci saranno poi il senatore Simone Pillon, il governatore del Veneto, Luca Zaia e il governatore della Lombardia Attilio Fontana. Non mancheranno anche politici dell’opposizione parlamentare come Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Antonio Tajani (Forza Italia).
Lorenzo Fontana, di sua iniziativa, aveva fatto figurare quello del Governo tra i patrocini all’evento, accanto a quello della Regione del Veneto e della Provincia di Verona. Le reazioni, a livello nazionale, erano state immediate: la più grande organizzazione di studenti, la Rete della Conoscenza, aveva sottolineato come «scuole e università devono essere libere da omotransfobia e discriminazioni». La sinistra si ribella ed esce al volo un ordine del giorno che ha come prime firmatarie donne del Pd di Verona. «Quel congresso è quanto di più retrogrado e medievale sia mai passato nel nostro Paese: siamo pronti alla mobilitazione» afferma Gabriele Piazzoni, segretario generale Arcigay. Imbarazzo di palazzo Chigi che fa uscire una nota: «Iniziativa autonoma del ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana, attraverso procedure interne agli uffici e che non hanno coinvolto direttamente la Presidenza del Consiglio».
Ieri, 17 marzo, su Notiziecristiane.com esce un articolo dal titolo Verona: dal 29 al 31 marzo tutti presenti al Convegno per le famiglie , in cui legge: «Nel vangelo il Signore ha forgiato l’espressione “segni dei tempi” identificandola come un invito alla fede e alla vigilanza (Mt 16,4; Lc 12,54-56). Facciamo nostra la raccomandazione di Gesù di saper distinguere i segni dei tempi, crediamo di scoprire, in mezzo a tante tenebre, numerosi segnali che ci infondono speranza sul nostro destini e dell’umanità. […] Noi come seguaci, seguiamo le Sue impronte e i Suoi insegnamenti e ci siamo assunti la responsabilità di affermare la verità senza compromessi, perché questo è il mandato ricevuto da Dio, quando abbiamo accettato nel cuore Cristo Gesù. Certamente saremo bersagli di altre menzogne, l’hanno fatto con Gesù, lo faranno anche con i Suoi figlioli, ma verrà il tempo in cui ogni cosa sarà rivelata e non per volere umano ma per Volontà Divina».
Siamo distanti anni luce da un comune sentire laico, ma anche da Papa Bergoglio. A ben guardare, a Verona, c’è molto di più di un Convegno sulla famiglia: c’è il bisogno incontenibile di tornare indietro, a modelli di società che per secoli abbiamo combattuto. E il rifiuto di una Chiesa che si sta aprendo al mondo.
A Verona, il 30 marzo saranno in tanti, a contestare il Convegno: sindacati, associazioni femminili da Nonunadimeno a Aied a Telefono rosa, alle Democratiche. Ci sarà l’arcigay e un lungo elenco che non è neppur possibile prevedere. Sarà una protesta pacifica e irrinunciabile. Laica, aperta e davvero amorevole.
O Salvini, Bussetti e Fontana pensano che Gesù abbia parlato anche a loro e, da unti del Signore, saliranno sul palco a difendere una visione del mondo – e della famiglia – umbratile, raggelante e irrispettosa dei più elementari diritti dell’uomo?
Quanti schiaffi servono per riconoscere la violenza? 12 novembre 2018
Pioveva a Milano, in Piazza della Scala. Ma le donne erano lì: indifferenti al maltempo, ridenti, indignate e festose.
Questa è una proposta di legge contro le donne e contro i bambini, dopo gli attacchi alla 194, ora cercano di demolire il diritto di famiglia mettendo a rischio le mogli che subiscono violenza in casa e che vogliono separarsi.
Manuela Ulivi, esponente della Casa delle donne maltrattate, è andata dritta al punto: il vento maschilista che sta soffiando in Italia (e non solo) prova a travolgere le donne che, solo da poco, si vedono riconosciuti diritti, scritti nella Costituzione, ma spesso disattesi.
Pioveva a Milano: ma in migliaia manifestavano contro un disegno di legge che difende categorie sbagliate: i padri-padroni, i mediatori familiari come Simone Pillon, gli antidivorzisti, gli ottusi nostalgici di un mondo in cui il matrimonio risultava non di rado una condanna all’ergastolo. Sopra tutto per le donne.
E a Milano rispondeva Roma, dove le donne sfilavano coi mantelli rossi e i cappucci bianchi di cartone e dove, in Piazza Madonna di Loreto, si alternavano al microfono generi disparati e pieni di giusta indignazione.
A Bologna, in piazza Re Enzo, la Casa delle donne definiva il disegno di legge Pillon
pericoloso, perché introduce la mediazione familiare, abolisce l’assegno di mantenimenti per i figli, limita la possibilità di divorziare o separarsi con l’obiettivo di preservare l’unità familiare, penalizza il coniuge meno abbiente minandone la libera scelta e ostacolando la denuncia delle violenze in famiglia.
A Venezia, nel campo San Giacometo di Rialto, i manifestanti chiedevano
il ritiro immediato di una proposta di legge reazionaria, che renderà più costoso e difficile separarsi, imporrà una rigida spartizione del tempo da passare con figli e figlie e, con l’abolizione dell’assegno di mantenimento, sottoporrà le donne a un vero e proprio ricatto economico.
Sono state 60 le città in cui Non Una di Meno e D.i.Re, Donne in Rete hanno raccolto centinaia di migliaia di cittadini: non erano solo donne e non erano sole.
Sono 5 i No che, proprio a Venezia, comparivano a chiare lettere sugli striscioni:
1. No alla mediazione obbligatoria e a pagamento.
2. No all’imposizione di tempi paritari e alla doppia domiciliazione/residenza dei minori.
3. No al mantenimento diretto dei figli, cioè alla cancellazione dell’assegno.
4. No al piano genitoriale, il programma dettagliato e vincolante della vita materiale, sociale e culturale dei figli.
5. No al concetto di alienazione parentale, non è riconosciuto a livello medico.
E No, una volta per tutte, all’ignoranza oscurantista che si cela dietro la difesa della famiglia. La storia cammina; gli uomini prendono coscienza del loro stato; il potere ha sempre più spesso una maschera traballante. Per secoli (per millenni) le donne sono state ritenute materiale usa e getta, con la complicità e il supporto delle Chiese (le religioni sono un’altra cosa). Io credo che quel tempo sia un malato terminale. E ne devono prendere atto sopra tutti i simpatizzanti della Lega, dal rimpianto facile per le famiglie patr-iarcali, per il potere muscolare, per piazze urlanti e acritiche.
Perché, anche all’interno di quelle piazze, qualche donna potrebbe voltare le spalle e andarsene da un’altra parte, dove l’aria è più leggera e Peter Pan può volare via quando decide che è il momento.
Archiviato in: Top Blog
La sindaca di Lodi, “gli altri” e un potere senza pietas, 15 Ottobre 2018
La sindaca di Lodi obbliga tutti gli immigrati che non riescano a dimostrare di non avere beni immobili, anche in patria, di pagare il massimo della tariffa per la mensa e il bus che trasporta i bambini a scuola.
Ne “La voce metropolitana”, 15 Ottobre 2018
Nasce il Comitato NoPillon contro la follìa oscurantista – 1 Ottobre 2018
Nasce il Comitato NOPillon contro la follìa oscurantista
1 ottobre 2018 di Giuliana Nuvoli
Martedì 2 ottobre, ore 18.30, Camera del Lavoro di Milano: assemblea pubblica per il ritiro del disegno di legge Pillon su
Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bi-genitorialità
Accidenti! Il senatore Pillon (leghista) ha messo a punto un disegno legge che, ascoltando le sue spiegazioni illuminanti, dovrebbe mettere ordine nell’universo – delicato e doloroso – dell’affido dei figli e dei rapporti fra i coniugi dopo la separazione.
Il personaggio è terrificante, e le sue parole creano una angoscia insostenibile: quella che generavano gli inquisitori nei processi alle eretiche, alle diverse, alle streghe. L’apparenza è quasi gentile, corroborata dai braccialettini al polso e un ostentato farfallino: ma quando inizia a parlare provi un senso di smarrimento e di incredulità che chiudono la gola. Nel giorno del Family Day, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni (testuali):
Mi impegno fin d’ora a rappresentare in Parlamento tutto il mondo pro-life e pro-family, compresi coloro che pur condividendo le nostre battaglie hanno votato altri partiti. Continuerò il mio lavoro per promuovere e sostenere il diritto alla vita e l’identità della famiglia naturale: dobbiamo ritrovare come popolo la speranza nel futuro e generare più figli, altrimenti ci estingueremo.
La mia attenzione sarà anche dedicata al rispetto diritto-dovere dei genitori di educare i loro figli contro ogni indottrinamento gender nelle scuole.
Dovremo anche sanare le pericolose aperture della scorsa legislatura verso l’adozione gay, la barbara pratica dell’utero in affitto e l’eutanasia e rimettere la famiglia al centro della ripresa valoriale ed economica del nostro Paese. Nella Lega ho trovato piena comunione di intenti su tutti questi argomenti.
La piena comunione? Nella Lega tutte famiglie cristiane; tutte saldamente unite per la vita; tutte dedite ai figli, al coniuge e a Dio… cominciando da Matteo Salvini, naturalmente! Per carità, all’ipocrisia siamo abituati; “parlar bene e razzolare male” è adagio vecchio come il mondo e ci turba assai poco. Quello che però è inaccettabile è che sia lasciato spazio ai deliri di Pillon: e che lo faccia il partito al governo. Il partito che i sondaggi dicono in crescita: questo, prima di tutto, crea angoscia. Ma davvero gli Italiani hanno rinunciato a pensare, a sentire, a capire?
Le donne, certamente, no. E con loro gli uomini per i quali le parole dignità, rispetto, civiltà hanno ancora un senso.
Il neonato Comitato NOPillon chiede con forza il ritiro del DDL, indicando che
è necessario il ritiro perché sono apertamente attaccati diritti civili fondamentali, perché il disegno di legge incide pesantemente sulla vita e sulle emozioni dei minori, mette a rischio le donne che vogliono uscire da relazioni violente, incrementa il conflitto e allunga i tempi di separazione dei coniugi, non considera le disparità economiche ancora presenti tra i generi in Italia e costituisce una pesante ingerenza dello Stato nelle scelte di vita delle persone. Con il pretesto di salvaguardare i minori e consentire la bi-genitorialità, questa proposta di legge non considera i dati di realtà della società italiana. […] Considerata l’alta percentuale di separazioni consensuali e di affidi condivisi già garantiti dalla legge vigente, è semplice affermare che il ddl Pillon non è pensato per rispondere alle esigenze delle famiglie e che ha invece l’obiettivo inespresso di scoraggiare separazioni e divorzi, di fatto eliminando l’assegno di mantenimento per i figli e incrementando le possibilità di contenzioso tra i coniugi.
Il lupo si è messo la pelle dell’agnello: almeno ci prova. Sotto l’insegna “difendiamo la famiglia” ci vuol riportare indietro nel tempo, a momenti di oscurantismo, di condanne del diverso, di privazione della libertà di scelta. Di quella vera, intendo: che rispetta le regole; che riconosce uguali diritti a tutti gli individui indipendentemente dalla razza, dalla religione, dal sesso.
Riprendiamo in mano la Costituzione e rileggiamola con attenzione. Non c’è spazio per il senatore Pillon. Non c’è posto per la discriminazione – dichiarata ed esplicita – fra uomini e donne. Noi, ne sia certo (lui e tutta la Lega), non lo permetteremo.
Quando in Toscana un partito nasce e muore, 25 giugno 2018
Ne “La voce metropolitana”, 15 giugno 2018
Era il 21 gennaio 1921 quando, al teatro Carlo Goldoni di Livorno, venne fondato il Partito Comunista Italiano. Un partito: per molti una religione, una Chiesa. Turati aveva avvertito, nel 1895, su “Critica sociale”: socialisti, non diventate un partito, restate un movimento…
Un partito ha bisogno di radicarsi, di alimentarsi, di crescere; ha bisogno di risorse e di energie per continuare ad esistere. E quelle energie, quelle risorse le deve assorbire da qualche parte, da qualcuno: ma le sottrae agli scopi che dice di proporsi.
Il PD, il nipotino diretto di quel PCI livornese, è morto. Irrimediabilmente e senza appello. Un toscano, Matteo Renzi, gli ha dato il colpo di grazia; questo ballottaggio del 24 giugno 2018, con la perdita delle toscane Massa, Pisa, Siena, ha posto la sua pietra tombale. Con buona pace di Maurizio Martina e di chi si ostina a difenderne la sopravvivenza. E’ morto perché ha perso la sua anima e dimenticato la sua storia. Perché è diventato, come altri, partito di affari e di potere. Perché ha lasciato che il potere diventasse il fine delle azioni. La gente spesso è lenta a capire: si affeziona ai suoi miti e fatica a cambiare. Ma arriva il momento della ribellione, e dell’abbandono. Il declino del PD è stato di una velocità sorprendente: ma la rottamazione di Renzi era stata preparata da altri, da quel gruppo dirigente che, a Renzi, ha fatto una guerra spietata.
C’è solo un modo, adesso, per contenere questo vento sovranista, conservatore, che soffia contro una Storia che va in tutt’altra direzione: unirsi in un movimento civile, con una chiara idea del mondo che vorremo, in cui tutti gli uomini abbiano diritto di cittadinanza e le leggi siano duttili e destinate, in positivo, alla parte più ampia possibile di popolazione. Giuliano Pisapia aveva questo in mente, quando ha provato a unificare i pezzi della così detta “sinistra”. Non ne ha avuto la forza; e i tempi non erano ancora maturi. Adesso lo sono. A patto che non ci sia solo un ricambio di uomini, né una ripulita di facciata. Le masse hanno bisogno di chiarezza, di indicazioni concrete, di azioni tangibili. Vogliono avere risposte ai loro bisogni, in particolare nei momenti in cui tutto sembra incerto, confuso, incomprensibile. E le attuali forze al governo hanno intercettato queste domande meglio dei partiti di sinistra che, per cultura e tradizione, avrebbero dovuto farlo.
Mi raccontavano che nella città in cui sono nata, Carrara, le squadracce fasciste non potevano spadroneggiare come altrove: i cavatori di marmo rispondevano alle loro prepotenze con busse sonore, e li ricacciavano indietro. Se, adesso, Massa Carrara è passata al centro destra – e con lei Pisa e Siena – questo non vuol dire che la gente toscana abbia cambiato la visione del mondo. Con busse sonore, hanno solo ricacciato una politica che non li rappresentava più in un angolo. E l’hanno costretta a non uscire più di casa.
Nani sulle macerie, 28 maggio 2018
Nani sulle macerie
28 maggio 2018 di Giuliana Nuvoli
Giornate dure, quelle che stiamo vivendo. Dure, intense e necessarie.
Il fenomeno nuovo è il rovesciamento di canoni consolidati nella soluzione di crisi di governo: tempi, procedure, modalità di comunicazione, rapporti istituzionali sono stati messi in discussione e disattesi. La stessa Costituzione (nell’ipercitato articolo 92) è stata tirata per la giacca e interpretata come il Corano: con decine di modalità diverse… e tutte date per sicure.
Quello che sta accadendo è chiaro: Matteo Salvini, col suo 17%, prima prende la leadership del centrodestra, poi inizia un percorso che ha come obiettivo cavalcare il malessere e la protesta antisistema. Bara, mente, imbroglia, usa alleati e avversari a suo piacimento, da animale politico (ahimé) di razza: astuto come una volpe, e rabbioso come un leone. Di volta in volta, quando serve: con buona pace di Machiavelli che riteneva impossibile la coesistenza in un principe di entrambe le nature. Si è “divorato” il povero Di Maio che continua a commettere errori ingenui: in queste ore ha chiesto l’impeachment del Presidente della Repubblica (da ridere!); ha dichiarato che, oltre a quello di Savona, altri nomi di ministri dell’economia erano stati fatti al Colle (subito smentito! se fosse stato vero Giuseppe Conte l’avrebbe dichiarato); si lamenta perché Salvini non lo segue (si è ancora accorto di cosa sta accadendo?)… e altre amenità.
Peccato! Perché i Cinque Stelle avevano dato corpo a una protesta sacrosanta, cui aveva aderito una buona parte dell’elettorato della vecchia sinistra: ma stanno dilapidando in questi giorni l’eccezionale patrimonio di voti conquistati il 4 marzo.
L’ambizione e l’inadeguatezza del loro leader (ma non solo) ha aperto la strada al populismo della destra leghista con la quale loro non possono essere in alcun modo in sintonia. Al di là di dichiarazioni dissennate e palesemente insostenibili, il governo giallo-verde non è venuto al mondo per scelta strategica della Lega, non per ostruzionismi istituzionali. E sarà la Lega a cavalcare il malessere di un Paese che, in particolare negli ultimi trent’anni (salvo esigue e insufficienti eccezioni), ha vissuto in una inaccettabile palude dove corruzione, burocrazia, malaffare, collusione con la malavita, ignoranza e ottundente mediocrità hanno costruito cumuli di macerie. Macerie su cui (prendo in prestito l’immagine da Massimo Cacciari) si sono seduti nani come Di Maio, Renzi, Salvini, ognuno a suo modo e ognuno inadeguato a rispondere ai bisogni del Paese. Nani ovunque, anche in quegli schieramenti che si gloriavano di superiorità intellettuale e inattaccabile integrità.
Un dato positivo io, però, lo percepisco. Gli italiani tornano ad appassionarsi alla politica; c’è solo da augurarsi che non credano di essere al Colosseo: non vi sono nell’arena bestie feroci, né nemici da trucidare. Il rischio che corriamo è quello di ritenere che tutto sia lecito: contraddizione, aggressività, menzogna, violenza. Su questo dovremo essere fermi: non è ancora passato un secolo da quando da un populismo, nel nostro Paese, è nato un regime. Nel tempo era regredito, ma non morto: perché segnali allarmanti di quella storia sembrano riaffiorare proprio adesso. Non resta che vigilare, e utilizzare in modo adeguato e opportuno la parola e tutti gli strumenti che questa democrazia imperfetta mette a disposizione.
Non abbiate paura: querelate! Solo così avremo la “buona scuola”, 9 aprile 2018
Non abbiate paura: querelate! Solo così avremo la “buona scuola”
Ne “La voce metropolitana”, 9 aprile 2018 di Giuliana Nuvoli
Non abbiate paura: querelate! Solo così avremo la “buona scuola”
Dal 2016 ad oggi si sono intensificati i casi di professori insultati o picchiati da genitori, sino all’aggressione al professore ipovedente, a Palermo, di tre giorni fa.
Io ho sentito molte parole e visto pochi interventi decisivi; eppure siamo di fronte a episodi gravissimi da contenere in tempo reale, senza attendere nuove leggi: quelle le abbiamo. Gli articoli 581 e 582 del codice penale parlano chiaro: le aggressioni sono punibili con il carcere… recita l’articolo:
Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale [c.p. 583], dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni [c.p. 585].
….ma
Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Il professore aggredito deve querelare.
L’articolo 581, relativo alle percosse, recita:
Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente è punito, a querela della persona offesa [120], con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a trecentonove euro [c. nav. 1151].
Anche in questo caso deve essere sporta querela.
Ricordo che, attraverso la querela, non si comunica esclusivamente la notizia di reato, ma si chiede espressamente che si proceda nei confronti dell’autore del reato. Questo deve essere fatto. Ma non sempre questo accade: per volontà di pace; per desiderio di ricomporre il conflitto; per abbandono e lontananza da parte dei dirigenti scolastici. Già: e questo è tasto dolente!
Sembrano lontani tempi in cui il genitore andava educatamente a chiedere notizie dell’andamento scolastico del figlio; e ancor più lontani quelli in cui il Preside (si chiamava così allora!), non permetteva ai genitori alcuna forma di aggressione (anche verbale: ma lo sanno che è punibile anche questa?) nei confronti dei professori. Adesso pare che l’imperativo categorico, e certo primario, sia quello di far quadrare il bilancio e accedere a forme più o meno credibili di valutazione del MIUR. E il dirigente scolastico sembra dover rispondere, in primo luogo, a una serie di richieste che poco hanno a che fare con la formazione vera, quella che crea generazioni di individui consapevoli, consci dei diritti e dei doveri che regolano la vita di una comunità; di individui che basano le loro azioni su irrinunciabili codici etici.
Da vent’anni faccio Corsi di Formazione a Docenti di scuola secondaria: e, di anno in anno, ho avvertito che cresceva il malessere dovuto a un costante depauperamento del ruolo del docente.
A loro ho sempre detto: “Alzate la testa e non permettete a nessuno – e in nessun caso – di umiliarvi! Fate il mestiere più importante del mondo e siatene fieri!”
E’ appello che rivolgo anche ai burocrati, ai funzionari dl MIUR, ai legislatori della scuola. La “buona scuola” ha bisogno di essere sovrana nel suo operare; richiede rispetto e conoscenza; esige fermezza contro ogni forma impropria di intrusione, con buona pace dei misuratori di eccellenze, abilità, competenze che non rimandano, automaticamente, a un buon formazione.
E ai dirigenti scolastici posso solo dire: “Abbiate più coraggio!” Alcuni di voi si sono schierati coi professori; altri hanno cercato di minimizzare; hanno tergiversato, temporeggiato, si sono voltati dall’altra parte. Se i professori devono querelare, non possono essere da soli: è vostro dovere star loro vicini. Un’aggressione a un docente è aggressione all’intero corpo insegnante, e alla scuola nel suo insieme.
Allora, senza esitazioni, querelate, denunciate, non siate mai concilianti. Aiuterete in questo modo i vostri allievi, e contribuirete così a dar vita a una società migliore. Senza queste premesse non ci sarà mai una “buona scuola”!
Archiviato in: Top Blog